Il mea culpa di Carlo: schiavitù macchia indelebile

El principe Carlo d'Inghilterra.
El principe Carlo d'Inghilterra. (ANSA)

LONDRA.  – Lo stendardo reale del Regno Unito è stato ammainato a Bridgetown, capitale di Barbados, per lasciare tutto il posto a quello del tridente dal manico “spezzato”, simbolo di liberazione dal colonialismo e bandiera dello Stato caraibico diventato una repubblica, la più “giovane” del mondo.

La famiglia reale britannica dice così addio a un’altra residua traccia del suo (ex) impero, il più grande della storia, ed è stato il principe Carlo nel corso della cerimonia coi leader locali, dignitari e alti funzionari a salutare la storica transizione dell’isola dalla monarchia alla nuova forma di governo condannando la “terribile atrocità della schiavitù”, nonché tragica componente dell’espansionismo europeo nelle Americhe.

L’erede al trono l’ha descritta come qualcosa “che macchia per sempre la nostra storia” e ha ricordato i tempi (in particolare il XVIII secolo) in cui il Regno Unito era uno dei principali attori della tratta transatlantica come i “giorni più bui del nostro passato”. Barbados infatti venne popolata di schiavi in arrivo dall’Africa impiegati nelle locali piantagioni di zucchero.

Ma guardando al futuro il principe ha affermato che “la creazione di questa repubblica offre un nuovo inizio”. Così non solo è stata colta l’occasione per ‘accettare’ il fatto che non è più la madre, la regina Elisabetta, capo di Stato dell’isola, bensì la prima presidente della Repubblica, Sandra Mason, ma anche per tornare a fare ammenda a nome della monarchia, e in generale delle antiche potenze coloniali europee, per la vergogna dello schiavismo.

Atto ancor più necessario per allontanare i sospetti avanzati dal libro del giornalista americano Christopher Andersen, dal titolo ‘Brothers And Wives: Inside The Private Lives of William, Kate, Harry and Meghan’ (Fratelli e mogli: dentro le vite private di William, Kate, Harry e Meghan), in cui si fa riferimento al fatto che sarebbe stato proprio l’erede al trono a speculare sul possibile colore della pelle dei figli di Harry e Meghan, ex attrice di origini materne afroamericane. Sospetti che Carlo e i vertici della dinastia hanno smentito con sdegno ma che rischiano di non diradarsi così facilmente.

Benché “affrancata” dalla Corona, Barbados resta comunque nel Commonwealth of Nations, fra l’altro sotto la presidenza di Carlo, dove la maggior parte dei 54 Paesi membri (tolti i 15 reami del Commonwealth fra cui Australia, Canada, Nuova Zelanda con la regina come capo di Stato) sono ormai repubbliche. Anche Elisabetta II ha voluto partecipare da lontano all’evento, con un messaggio in cui ha espresso i “più calorosi auguri” per la felicità, pace e prosperità futura della nazione, che ha un “posto speciale” nel suo cuore per “la sua vibrante cultura, la sua abilità sportiva e le sue bellezze naturali”.

Una nuova “Regina” di Barbados potrebbe essere la sua cittadina più famosa, la popstar Rihanna, che durante la cerimonia è stata nominata “eroina nazionale”. L’onorificenza le è stata consegnata dalla premier del Paese caraibico, Mia Mottley, con un augurio: “Possa tu continuare a brillare come un diamante e portare onore alla tua nazione”, ha detto alludendo a uno dei più grandi successi della cantante, ‘Diamonds’ del 2012.

Rihanna ha risposto in un discorso che questo è il più importante fra tutti i premi e riconoscimenti ricevuti nella sua vita.

(  di Alessandro Carlini/ANSA).

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