Biden tentenna e poi si corregge: “Uniti con l’Ucraina”

Joe Biden

ROMA.  – “Qualsiasi” violazione della frontiera ucraina da parte delle truppe russe sarebbe considerata un’invasione in piena regola, e Mosca si troverebbe ad affrontare la dura reazione degli Usa. Dopo quasi 24 ore di incertezza tra gli alleati, e soprattutto a Kiev, il presidente Joe Biden cerca di fugare i dubbi sulla determinazione di Washington e la compattezza del campo occidentale davanti a un’eventuale mossa avventuristica di Mosca.

Ma il Cremlino ha preso debitamente nota e ne terrà conto nel faccia a faccia in programma domani a Ginevra tra il suo ministro degli Esteri Serghei Lavrov e il segretario di Stato Antony Blinken.

Biden ha dovuto assicurare di essere stato “assolutamente chiaro” con Vladimir Putin circa le conseguenze di un attacco russo in Ucraina. Questo dopo che nella conferenza stampa maratona per il suo primo anno alla Casa Bianca, aveva parlato di una possibile incursione “minore” da parte delle truppe russe, facendo capire che in tal caso la reazione avrebbe potuto essere anch’essa limitata. E, quel che è peggio, ammettendo l’esistenza di “differenze” all’interno del fronte occidentale sulle iniziative da intraprendere in quel caso.

Per tutta la giornata è stata una rincorsa delle diplomazie europee e di quella americana per cercare di rimediare all’apparente gaffe e convincere il mondo intero – in primo luogo i russi – che l’Occidente è incrollabilmente unito in questo braccio di ferro dal sapore di Guerra fredda. Gli occidentali “parlano con una sola voce quando si tratta di Russia”, ha affermato Blinken da Berlino, dove è arrivato dopo una sosta proprio a Kiev per consultazioni con i principali alleati europei.

Immediatamente gli ha fatto eco il premier britannico Boris Johnson, per sottolineare che se la Russia compisse un’incursione in Ucraina, “di qualunque portata”, ciò si tradurrebbe in “un disastro per il mondo”.

Non pienamente rassicurato da queste parole, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha fatto sentire chiaramente la sua protesta, affermando che “non ci sono piccole incursioni e piccole nazioni”. E a questo punto Biden è dovuto intervenire personalmente per correggere il tiro. Ai navigati negoziatori russi non può tuttavia sfuggire che le parole dell’inquilino della Casa Bianca sembrano confermare le crepe che si intravvedono nel fronte occidentale dietro alla compattezza di cui parlano le dichiarazioni ufficiali. Non a caso, alla vigilia dell’incontro di Ginevra, Mosca mescola segnali concilianti ad altri più duri.

Mentre il ministero della Difesa anuncia manovre della marina militare in tutti i mari del pianeta, il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, parla della possibilità di un nuovo colloquio tra Biden e Putin. Certo, solo dopo che Washington avrà consegnato a Mosca le risposte scritte alle sue richieste in merito alla sicurezza. Ma anche su questo la Russia concede agli Stati Uniti il tempo di cui avrà bisogno, magari fino alla “prossima settimana”.

Con i tempi del braccio di ferro che si allungano, Mosca aspetta di vedere se gli interessi divergenti tra gli avversari sortiranno le divisioni auspicate. Qualche segnale sembra già prendere corpo. Mentre Lettonia, Lituania ed Estonia hanno acconsentito ad inviare all’Ucraina armi avanzate acquistate dagli Usa, la Germania, sottolineano media locali, ha declinato la richiesta di Kiev di fornirle unità navali per rafforzare le difese delle coste del Mar Nero.

E secondo il Wall Street Journal nei giorni scorsi gli Usa sarebbero stati costretti a inviare a Berlino il capo della Cia, Bill Burns, per convincere i Paesi europei ad unirsi a Washington nella risposta a Mosca in caso di invasione, nonostante i forti legami economici di molti di loro – primi fra tutti appunto la Germania – con la Russia.

Intanto Washington ha imposto sanzioni contro quattro ucraini accusati di lavorare con i servizi segreti russi (Fsb). Tra loro due deputati in carica, Taras Kozak e Oleg Volochi, finiti nella blacklist per la loro “attività destabilizzanti”. In particolare sono accusati di essere stati incaricati dall’Fsb di “reclutare ex ed attuali dirigenti governativi per prepararsi a prendere il controllo del governo ucraino e a controllare le infrastrutture del Paese con una forza di occupazione russa”, secondo il Tesoro Usa.

(di Alberto Zanconato/ANSA).

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