Quirinale: l’Unione Europea tifa per Draghi, incubo instabilità

Il Presidente del Consiglio, Mario Draghi, ha partecipato al Parlamento europeo alla Commemorazione in onore del Presidente David Sassoli.
Il Presidente del Consiglio, Mario Draghi, ha partecipato al Parlamento europeo alla Commemorazione in onore del Presidente David Sassoli. (Ufficio Stampa e della Comunicazione della Presidenza del Consiglio)

BRUXELLES. – Mario Draghi al Quirinale è comunque una garanzia affinché l’Italia non deragli dalle riforme. L’Europa osserva con crescente attenzione il countdown partito sull’elezione del presidente della Repubblica. Il senso di “incertezza” che si respira a Roma sull’esito della partita, spiega una fonte europea, lo si percepisce anche a Bruxelles.

Ma è ciò che accadrà dopo, forse, l’elemento che più preoccupa non solo le istituzioni comunitarie ma anche le cancellerie del Vecchio continente. Anche per questo, avere una figura di riferimento come l’ex governatore della Bce al Quirinale non potrebbe che rassicurare i vertici Ue.

Sia chiaro: nessuno dei vertici dell’Unione si è permesso di dire una parola su una scelta che, come ha rimarcato la neopresidente dell’Europarlamento Roberta Metsola, “è di carattere esclusivamente nazionale”. Ma a parlare sono i principali quotidiani europei, a cominciare dal Financial Times.

Con un editoriale non firmato e quindi espressione della direzione dal titolo inequivocabile: “La premiership riformista di Mario Draghi si avvicina alla fine”, recita il titolo. Per il Ft, la strada dell’attuale premier è segnata, ma non è una cattiva notizia.

Viste le “turbolenze” emerse in questi giorni in Italia, “il peggior risultato sarebbero le elezioni anticipate che farebbero deragliare il piano di riforme e ripresa. In queste circostanze è meglio avere Draghi alla presidenza”, è l’opinione del foglio della City che sembra rivolgersi direttamente ai leader italiani:

“Coordinare l’ascesa di Draghi – si legge – e trovare un premier potrebbe richiedere che i pesi massimi dei partiti si uniscano alla squadra. Tranne Fdi, tutti hanno firmato un contratto con l’Ue quando hanno accettato il piano di ripresa. Devono assumersene la responsabilità”.

Il riferimento ai fondi del Pnrr non è casuale. Sull’Italia, che ha ricevuto più finanziamenti di tutti, l’attenzione dell’Ue è costantemente alta. L’ok ufficiale alla prima tranche non è ancora arrivato ma a Bruxelles si attendono che ogni Paese membro lavori all’attuazione delle riforme previste per il primo semestre 2022. E uno stallo politico in Italia – con a marzo anche la Francia chiamata a delle presidenziali dall’esito incertissimo – in Ue nessuno se lo augura.

A far drizzare le antenne alla politica europea è stato poi l’ingresso in campo di Silvio Berlusconi. Il suo nome, nei giorni della Plenaria del Parlamento Ue, è tornato a riecheggiare per i corridoi di Strasburgo. Il Ppe, prima con il segretario generale Antonio Lopez e poi con il capogruppo Manfred Weber, ha sostenuto con nettezza la sua candidatura. “E’ un leader forte ed esperto, e può unire”, spiegava qualche giorno fa Weber.

Ma la reazione del gruppo dei S&D non si è fatta attendere. “E’ inaccettabile” che il Ppe sostenga il leader di FI, ed “è vergognoso, anche perché Berlusconi è sostenuto da partiti di estrema destra”, ha sottolineato Jens Geier, capodelegazione dell’Spd all’Europarlamento. Per Geier, esponente del partito nel quale milita il cancelliere Olaf Scholz, Berlino e l’Ue “hanno bisogno di un’Italia forte e stabile perché in questo periodo dovremo prenderci responsabilità sempre maggiori”. E Draghi, ha chiosato, “sarebbe probabilmente” molto più adatto a guidare l’Italia dal Colle più alto.

(di Michele Esposito/ANSA)

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