Olha Abrosimova, la guerra e la testimonianza di una giovane ucraina

La giovane Olha Abrosimova

MADRID – “In questo momento, la mia famiglia vive vicino a Leopoli, una città a pochi chilometri dalla frontiera con la Polonia. Per la prima volta, la scorsa notte hanno ascoltato le sirene. Stanno attaccando anche là.  La popolazione, in Ucraina, resiste. Si oppone come può all’invasione, ai carri armati russi”.  Lo sguardo triste. Nel volto l’espressione di preoccupazione per la sorte dei genitori, dei fratelli, degli amici e delle amiche; delle tante persone conosciute che vivono l’orrore della guerra; una guerra assurda, come lo sono tutte le guerre. Olha Abrosimova è nata a Trukavets. Nota per le sue sorgenti minerali e le grandi stazioni termali, la città sorge a ovest dell’Ucraina nell’óblast di Leopoli, assai vicino al confine con la Polonia. La incontriamo nella “Plaza Colón”, emblematica piazza “madrileña”. Partecipa come tante, tantissime altre persone, alla protesta contro l’invasione dell’Ucraina. L’accompagnano il marito e i due figli.

– Ho vissuto 13 anni in Italia prima di trasferirmi a Madrid circa 6 mesi fa – ci ha detto per poi spiegare:

– Mio marito è stato trasferito a Madrid dall’azienda per la quale lavora. Oggi la situazione in Ucraina – ha aggiunto con un nodo alla gola – è molto, molto tragica. Per questo abbiamo deciso di partecipare a questa protesta pacifica.

– Sei a contatto con i tuoi genitori, con i tuoi fratelli in Ucraina? Cosa ti raccontano?

– Fino a ieri – ha subito precisato -, le comunicazioni sono state abbastanza facili. Ora, però, ci sono alcuni problemi. Credo che dipenda dalla connessione internet. Ad esempio, si ha difficoltà per parlare, per inviare fotografie. Per questo, abbiamo cominciato a scriverci.

Alla domanda se i suoi genitori hanno intenzione di lasciare il Paese ha risposto con un melanconico “no”.

– Hanno portato fuori dall’Ucraina una nipotina – ha quindi spiegato -. Ma tutti sono rimasti nel Paese. Mia madre, la moglie di mio fratello, mio fratello sono a Leopoli. Il fratello che viveva a Kiev li ha raggiunti. Stanno tutti là, insieme. Nessuno vuole fuggire, hanno deciso di restare.

Hai due fratelli…

– Sì – ha confermato -. Due fratelli e mia madre.

– Sono stati richiamati dall’esercito? Hanno intenzione di unirsi anche loro come tanti giovani alle milizie civili?

– Al momento – ci ha detto -, non sono ancora nell’esercito. Tutti coloro che lo desiderano – ha spiegato – possono recarsi nei posti dove distribuiscono le armi… possono entrare a far parte dei gruppi di civili che decidono di combattere per proteggere l’Ucraina.

– Hanno ricevuto istruzioni militari?

– Non lo so – ha ammesso -. Quel che so è che chi vuole combattere si reca nei luoghi dove gli sono consegnate le armi. Immagino che lì venga spiegato loro cosa fare. Comunque, c’è tanta informazione. Ci sono canali su Telegram, canali ufficiali di televisione, dove spiegano come comportarsi durante i bombardamenti oppure come organizzarsi per difendere l territorio. Ci sono gruppi che fabbricano bombe molotov in grande quantità.

Insomma, l’intenzione, ha spiegato Abrosimova, è di combatte con quel che si ha.

– Hai amici? Cosa ti raccontano?

Gli occhi tradiscono l’emozione. È un attimo, prima di rispondere:

– Ho un carissimo amico… conosco tante persone. Non vogliono andar via, vogliono avere le armi per poter combattere.

– E a Kiev?

– A Kiev non ho amici ma amiche – ha precisato -. Semplicemente mi dicono che hanno tanta paura. Sono nascoste per proteggersi. A Kiev viveva mio fratello che ha raggiunto mia madre.

 

Un Paese in guerra

Medicine e alimenti. Sono queste le principali necessità di un paese in guerra. I bombardamenti, dalle testimonianze dei “reporter di guerra”, non colpiscono solo obiettivi militari. I telegiornali ci mostrano le immagini delle stazioni sotterranee delle metropolitane trasformate in rifugi e in ospedali. L’orrore si vive nel silenzio rotto dalle esplosioni, dal pianto dei bambini, dalle preghiere recitate sottovoce o, semplicemente, nel silenzio dell’attesa.

– Si chiede all’Europa di chiudere il cielo – ha proseguito -. È dal cielo che arrivano gli attacchi. L’esercito ucraino è abbastanza forte in terra, sul territorio, ma non in cielo. Si chiede poi di dare strumenti con cui combattere, con cui difendersi dall’invasione.

– Prima dell’invasione, quale era il clima che si respirava?

– È difficile rispondere – ha confessato -. Sono 13 anni che non vivo in Ucraina. Conosco la situazione, ma di riflesso, attraverso i racconti degli altri. La guerra – ha spiegato – è iniziata nel momento in cui gli ucraini sono scesi in piazza per protestare contro il Maidan.

Abrosimova si riferisce alle proteste che iniziarono nel 2013 a seguito della decisione del governo pro-russo di archiviare la firma di un accordo preludio dell’ingresso dell’Ucraina all’Unione Europea. Era un semplice accordo di libero scambio, con un profondo contenuto europeista. Il governo, in cambio, preferì favorire relazioni più strette con la Russia. Alle prime proteste spontanee si unirono gli studenti universitari. La loro presenza era ogni giorno più numerosa, nonostante la repressione.  Cominciarono ad esigere le dimissioni del governo di Viktor Janukovyc. Le proteste assunsero le proporzioni di una vera e propria guerra civile. Il 21 febbraio del 2014, il presidente fuggì. La sua fuga non restituì la pace al paese. Fu l’inizio di una nuova fase di instabilità politica. Alla crisi in Crimea fece seguito l’ondata separatista che si è conclusa con l’autoproclamazione della Repubblica Popolare del Donetsk e della Repubblica Popolare di Jarkov, non riconosciute dall’Ucraina

Ucraina, oggi, ha bisogno della nostra solidarietà

– Che opinioni avete del presidente?

– In questo momento è lui che dà forza alla popolazione – ha sottolineato -. Forse è il primo Presidente che… non è un politico. È stato eletto per la sua umanità. Siamo contenti di aver scelto il Presidente giusto. Prima di questa guerra, forse, c’erano dei dubbi. D’altronde, tante cose non andavano come avremmo voluto. In questo momento, però, sta dimostrando di essere veramente un gran Presidente.

Ci ha detto convinta che l’invasione dell’Ucraina è un campanello d’allarme. Ha segnalato:

– È una guerra che coinvolge tutti, non solo noi ucraini. Altri Stati sono ugualmente minacciati. Nel mio Paese oggi si sta soffrendo.

Quindi, prima di concludere, l’appello:

– La Banca Nazionale dell’Ucraina ha aperto un conto speciale. Tutti possono depositarvi ciò che possono… 5, 10, 20 euro. Questo denaro sarà investito in alimenti e per aiutare l’esercito a combattere, a resistere. In Ucraina ci sono bambini che nascono nella metropolitana, ci sono bambini che muoiono nei bombardamenti. Sono le vittime più innocenti. Chi può, deve aiutarci. Può farlo depositando al seguente conto: National Bank of Ukraine, Iban: DE05504000005040040066, Corrispondent Bank: Deutsche Bundesbank Frankfurt, Swift: MARKDEFF, Purpose payment: for crediting account 47330992708.

Mauro Bafile

Lascia un commento