Navalny è sparito. “Mandato al carcere duro”

L'attivista oppositore russo Alexei Navalny in una foto d'archivio di dicembre 2019.
L'attivista oppositore russo Alexei Navalny agli arresti, in una foto d'archivio EPA/SERGEI ILNITSKY

ROMA.  – “Ho sentito dire che verrò trasferito nella colonia di massima sicurezza di Melekhovo, una cittadina della Russia centrale dove ai detenuti vengono strappate le unghie”: il tweet è del 4 maggio ma evidentemente Alexej Navalny aveva ricevuto l’informazione giusta.

Oggi il capo del suo staff Leonid Volkov e la portavoce Kira Jarmysch hanno fatto sapere sui social che il principale oppositore di Vladimir Putin non è più nel carcere di Pokrov, a cento chilometri da Mosca.

Senza preavviso, né informazioni a parenti e avvocati, il 46enne fondatore del partito Russia del Futuro è stato portato via. Per ora non si sa dove. E “il problema del suo trasferimento in un’altra prigione non è solo che la colonia di massima sicurezza è molto più spaventosa”, ha dichiarato su Twitter la portavoce: “Finché non sapremo dove si trova, Alexei rimarrà a tu per tu con il sistema che ha già tentato di ucciderlo, quindi il nostro compito principale è quello di localizzarlo il prima possibile”.

Dal canto suo Volkov ha raccontato come hanno scoperto del trasferimento: un avvocato è andato oggi a un incontro in carcere, trattenuto al posto di blocco fino alle 14, gli è stato detto infine che lì “non c’era nessun detenuto con quel nome”.

Navalny è in carcere da gennaio dell’anno scorso, per accuse ritenute dai suoi sostenitori “palesemente politiche”. Le manette sono scattate non appena ha rimesso piede in Russia dalla Germania, dove era stato curato per un avvelenamento causato da una micidiale neurotossina che aveva fatto temere per la sua vita.

I fatti risalgono all’agosto del 2020, quando un aereo in volo dalla Siberia a Mosca fu costretto ad un atterraggio di emergenza a Omsk perché’ un passeggero aveva avuto un malore. Quel passeggero era l’acerrimo nemico del Cremlino Navalny, un uomo che si temeva potesse venire assassinato per le sue denunce contro Putin.

La moglie Julia e i membri del suo staff terrorizzati da ciò che poteva succedere in un ospedale in Siberia, si precipitarono a Omsk per portarlo in Germania. Una volta trasferito lì, le autorità tedesche confermarono l’ipotesi dell’avvelenamento e la presenza di Novichok, agente nervino già utilizzato per neutralizzare l’ex spia russa Sergej Skripal nel 2018.

Successivamente Navalny, con l’aiuto dei suoi collaboratori, riuscì ad orchestrare una telefonata ad uno degli agenti dei servizi si sicurezza russi (Fsb) in cui l’avvelenamento fu ammesso.  La soddisfazione però durò poco: Navalny venne arrestato il 17 gennaio del 2021 dopo la sua decisione di tornare in Russia, con l’accusa mai provata di appropriazione indebita.

In carcere da quel giorno, fu condannato a scontare una pena di due anni e otto mesi. Dallo scorso 23 marzo diventata di nove anni. Dalla prigione è uscito solo in seguito a un  prolungato sciopero della fame, per essere nuevamente incarcerato dopo le cure.

Alexei Navalny nel corso degli anni ha svelato molte verità scomode sul governo russo e i potenti oligarchi che lo sostengono.

(di Silvana Logozzo/ANSA).

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