Comites Londra, i problemi del bilinguismo che assillano le famiglie

MADRID – Quella promossa dal Comites di Londra non sarà, forse, una iniziativa originale, ma senza dubbio è assai interessante. Il suo obiettivo è offrire alle famiglie indicazioni e strumenti per comprendere ed affrontare i problemi del bilinguismo, comune a tutti i figli di noi italiani che viviamo all’estero. E assumere il fenomeno per quello che, a nostro avviso, realmente è: una ricchezza culturale. Dell’argomento ci parla Francesca Doria, vicepresidente del Comites di Londra.
– La nostra proposta, al momento, è veramente ai suoi inizi – ci dice raggiunta telefonicamente dalla “Voce” -. Si tratta, in sintesi, di creare appuntamenti virtuali, soprattutto informativi, dedicati alle famiglie che hanno figli che parlano due o più lingue. A Londra, e non solo a Londra, è una realtà diffusissima. La materia è molto complessa e sempre in evoluzione – aggiunge -. Basta pensare ai vari tipi di insegnamento che coinvolgono la lingua, alle varie categorie e metodi. Per dare risposte adeguate abbiamo cercato specialisti che hanno le conoscenze e i titoli per potersi esprimere sull’argomento, offrire spiegazioni pertinenti e chiarire i dubbi.
In effetti, i relatori invitati dal Comites sono ricercatori assai conosciuti nell’ambito linguistico: Antonella Sorace, Professoressa di Linguistica dello Sviluppo (University of Edinburgh) e fondatrice di Bilingualism Matters; Jacopo Torregrossa, Professore di Multilinguismo (Ghoete-Universitat Frankfurt am Main) e Giulia Pepe, ricercatrice in Sociolinguistica (University of Westminster) e docente di lingua italiana. Inoltre, ha assicurato la sua collaborazione anche Carmen Silvestri, Dottoranda in Linguistica Applicata alla University of Essex e fondatrice di “Ambarabà Community Language School”.
– Il primo passo – spiega Doria – è avere “imput” dalle famiglie. Con un “post”, abbiamo chiesto ai connazionali di farci giungere le loro domande, di esprimere i loro dubbi, di riferirci i loro problemi. Abbiamo invitato le famiglie ad inviare i propri quesiti anche sotto forma di video o per e-mail. Le domande, i dubbi di tutti saranno spunti di riflessione; ci permetteranno di dare risposte e spiegazioni.
– Com’e nata l’idea …
– Non è nulla di originale – ci dice immediatamente con estrema onestà -. Gli esperti che interverranno hanno già rilasciato tante interviste sulla materia. Quando siamo stati eletti, nelle varie liste del Comites c’era già chi esprimeva interesse sul fenomeno del bilinguismo e, in generale, sull’insegnamento della lingua italiana all’estero.

Francesca Doria, vicepresidente del Comites di Londra

Doria spiega alla “Voce” che, proprio prendendo spunto da questo desiderio di saperne di più sull’argomento, hanno riflettutto sull’opportunità di organizzare dei momenti di riflessione; un progetto che, “il prossimo anno, potrebbe essere sviluppato approfittando anche dei finanziamenti che mette a disposizione il Ministero”.
– Ho proposto di metterci subito in moto – prosegue -. Ho cercato i ricercatori con l’aiuto di altri consiglieri e con la collaborazione della dottoressa Carmen Silvestri. Anche la “Sial”, la Scuola Italiana a Londra, dovrebbe partecipare in qualche modo. Ho commentato l’iniziativa ad altri Comites. Hanno mostrato interesse. Ad esempio, il Comites di Parigi. Insomma, è una materia che preoccupa anche altri Comites.
– Perché coinvolgere i connazionali chiedendo loro di partecipare con domande o esprimendo dubbi?
– Era il primo passo obbligato – risponde convinta -. Eravamo tutti d’accordo. Come Comites, quando organizzi un evento di questo tipo, è indispensabile rispondere alle domande che si pone la comunità, altrimenti non ha senso. Ci siamo posti come limite il mese di settembre. Chissà, forse avremmo dovuto darci più di tempo. Le domande possono arrivare da chiunque, non solo dai residenti della nostra circoscrizione. In linea di massima, i concetti sono universali
– L’obiettivo principale qual è?
Doria ci parla con entusiasmo, un entusiasmo contagiante. Le parole scorrono come un fiume in piena.
– Il primo – ci illustra – è spiegare concetti di cui non tutti, neanche le famiglie che hanno figli bilingue, conoscono. Spiegare, per esempio, che ci sono vari tipi o livelli di insegnamento dell’italiano: l’italiano come lingua straniera, l’italiano per gli stranieri che vivono in Italia e l’italiano come “Heritage”, un aspetto molto attuale e tecnicamente ancora poco riconosciuto. È l’italiano dei nostri bambini, dei figli d’italiani. Con loro non possiamo considerare l’italiano come una lingua straniera. Rientra in un’altra categoria. È l’italiano visto come “ Heritage”, come lascito.
– C’è anche l’italiano immerso in espressioni dialettali. Tante famiglie, in casa, parlano il loro dialetto… o l’italiano con inflessioni, parole e modi di esprimersi dialettali. E c’è poi la simbiosi tra l’italiano e la lingua del luogo che, a volte, può dar vita a una vera e propria “nuova lingua”. L’“itañol”, in Iberoamerica, o lo “spanglish” nel sud degli Stati Uniti.
– Sarà materia dell’esperta che spiegherà queste variazioni sulla base dei flussi migratori e quindi più dal punto di vista sociolinguistico – commenta -. Questi concetti, le persone, le famiglie non li conoscono. Fanno quel che possono per aiutare i figli a parlare più lingue. Altro obiettivo sarà dare risposta alle domande che esprimono le preoccupazioni più ricorrenti. Un esempio: mio figlio, da quando siamo arrivati, ha cominciato a mischiare le due lingue. Mi devo preoccupare? Oppure: mio figlio non parla ancora? A casa si parlano due o tre lingue, ha un ritardo di linguaggio? Devo preoccuparmi? Come posso aiutarlo? Queste domande appaiono continuamente nei “social”. L’idea è fare una lista delle domande più frequenti e poi fare una bella intervista che permetta agli esperti di illustrare ogni tema. Ripeto, non è nulla di innovativo. È abbastanza semplice e modesto, ma utile. Poi si potrà pensare anche ad una rubrica con questi 4 o 5 episodi. Si possono far circolare. Inoltre, vorrei proporre un appuntamento con più Comites affinché ognuno possa spiegare la realtà del proprio territorio e l’offerta d’insegnamento della lingua italiana. Quindi, riunire informazioni che poi si possono far circolare.
Per quanto riguarda la creazione di una “nuova lingua”, simbiosi dell’italiano con quella che si parla nel luogo di residenza, ammette che il fenomeno è comune.
– Tante persone che conosco, specialmente quelle di prima generazione che sono arrivate tanti anni fa – ci dice -, automaticamente quando parlano in italiano, all’improvviso scivolano verso l’inglese. Mischiano le due lingue. Per cui, direi che certamente è un fenomeno diffuso. Sono questioni che io non potrei mai spiegare, perché non è la mia materia. Non sono una esperta o una ricercatrice. Ma conosciamo chi li studia da tanti anni e sono in grado di spiegarli. Hanno gli strumenti per farlo. Il nostro obiettivo principale è far circolare quanto più possibile il nostro appello a partecipare inviandoci domande e dubbi o esprimendo le proprie preoccupazioni.
– Sarà un ciclo di programmi…
– Assolutamente… – afferma per poi spiegare:
– Le date sono ancora da stabilire. Bisognerà adattarsi agli impegni degli esperti consultati. La mia idea è non andare troppo veloci. Si potrebbe iniziare con 4 o 5 episodi. Per esempio, uno al mese o uno ogni due settimane. Si potrebbe partire ad ottobre e proseguire a novembre e dicembre. Forse si riesce ad arrivare a gennaio. Ripeto, è tutto in evoluzione. Ci potrebbero essere degli episodi da aggiungere a mano a mano, a seconda degli argomenti proposti da chi ci scriverà. È un progetto in costruzione.
Spiega, poi, che, in seno al Comites, sta prendendo forma anche “una rubrica di Consigli alla lettura”..
– In un mondo in cui i nostri giovani sono abituati ai messaggi telegrafici su Twitter o ai micro-messaggi su Instagram, un’iniziativa che inviti a leggere ci pare interessantissima…
– È un argomento che rientra nell’ambito del bilinguismo – spiega -. Consigliare un libro a un bambino non è sempre semplice. I nostri bambini spesso non hanno la preparazione grammaticale di un coetaneo nato in Italia. Ma hanno la maturità mentale. Non puoi proporgli un libro adatto ad un bambino piccolo. Non so se mi spiego. Se offri a un bambino di 10 anni un libro adatto ad uno di 5 o 6 anni, si annoia. Ha quindi bisogno di un supporto specifico, di un libro per la sua età ma allo stesso tempo scritto con un linguaggio semplice. Ci sono tempi verbali che, noi che abbiamo studiato in Italia, usiamo normalmente come per esempio il passato remoto. Ma un bambino che vive in Inghilterra, non li conosce. Per cui, la lettura si fa complicata. Non incomprensibile, ma certamente difficile. Mi è stato detto che le case editrici stanno finalmente creando del materiale adatto proprio per chi ha l’italiano come “Heritage Language”.
Una iniziativa, quella del Comites di Londra, alla quale le nostre associazioni e Comites sparsi nel mondo dovrebbero dare diffusione. È un tentativo di far conoscere, con un linguaggio semplice, fenomeni linguistici che interessano le nostre comunità. In particolare, le nuove generazioni. Per maggiori informazioni cliccate qui: https://www.facebook.com/677906349009932/posts/pfbid0jWS8beYULRCYSiYBdaHgEcC1pZTPvDdpJWxLzcg3BRkhM25q6CBcjRGE6tMxCiGCl/
Redazione Madrid

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